a cura di Romina Ciulli e Carole Dazzi
Affermava Susan Sontag nel suo saggio Sulla fotografia (1977): “Nessuno ha mai scoperto la bruttezza tramite le fotografie. Ma molti, tramite le fotografie, hanno scoperto la bellezza”. In effetti l’arte-fatto fotografico spesso ci invita non solo a riflettere, ma soprattutto a intravedere una potenza nell’immagine visiva capace di suscitare in noi reazioni emotive profonde. Come se, improvvisamente, attraverso quello scatto, il nostro sguardo fosse in grado di vedere qualcosa che va al di là della consuetudine, spingendoci oltre. E’ quello che succede nel libro “Sulle gambe” di Donatella Ferrini, attualmente in pre-ordine su bookabook in una campagna di crowdfunding con l’obiettivo della pubblicazione, nel quale il suo giovane protagonista modifica l’approccio doloroso alle vicissitudini della sua vita proprio dopo aver osservato una fotografia. Parliamone con la scrittrice.
Il protagonista del tuo romanzo trova un moto di riscatto alle sue complesse e delicate vicende personali dopo aver osservato la storica fotografia scattata ai magistrati Falcone e Borsellino nel 1992 durante un convegno tenutosi a Palermo. Questa immagine, infatti, in qualche modo sconvolge il ragazzo destabilizzandolo, e provocando in lui un cambiamento fondamentale. Puoi parlarci del perché hai scelto questa foto e di quale reazione suscita nel ragazzo?
La foto che ho scelto si intitola Sequenza 15 ed è stata scattata da Tony Gentile. Nonostante si tratti di un’immagine realizzata nel 1992, credo che ancora oggi parli ai giovani di tutto il mondo. Racconta, infatti, di due uomini che scherzano e sorridono sornioni. In realtà quei due uomini sono due giganti: i giudici Falcone e Borsellino che hanno lottato incessantemente per la verità, fino a perdere per questo motivo la loro vita. E’ un’immagine che è custodita nel cuore di molti di noi. In un’intervista al Quotidiano La Repubblica Tony Gentile dichiarò: “E’ l’immagine che ci ha dato la forze di reagire” (dopo le stragi del 1992). Questa dunque è la ragione per cui l’ho scelta. Alberto il protagonista del mio libro aveva bisogno di trovare la forza per dire basta, ed è proprio in quella foto che riesce a trovarla. Anche se il cammino per la liberazione dal suo trauma sarà ancora molto lungo.
Credi dunque che il linguaggio fotografico, così come l’arte in generale, smuova sentimenti differenti e contrastanti, ma sopratutto spinga a (re)agire? Puoi farci qualche esempio?
Sì, ne sono convinta. Dopo la pubblicazione di fotografie forti come quella di Nick Ut – Napalm Girl – del 1972, oppure la foto più recente del piccolo profugo siriano annegato nell’ottobre del 2015 davanti alla spiaggia di Bodrum, paradiso turistico della Turchia, con la maglietta rossa e i pantaloncini scuri, le nostre reazioni sono cambiate. Ci fanno sembrare vicini problemi lontani, ci sbattono in faccia le tragedie, senza filtri o ipocrisia. A quel punto nessuno può nascondersi. Sono immagini che riescono a catturare in un istante la storia.
Una parte del tuo racconto si svolge a Firenze, dove Alberto il protagonista entra in contatto con un’altra forma d’arte, ovvero la pittura. E in particolare l’opera Madonna del Magnificat di Botticelli Puoi parlarci di quanto la componente artistica incida sulla sua formazione?
Alberto è figlio di una professoressa di italiano e di un ingegnere ambientale. La mamma è appassionata d’arte e nei primi anni di vita porta spesso il figlio a Firenze dove gli farà visitare gli Uffizi. Proprio lì il bambino viene a contatto con l’opera la Madonna del Magnificat di Botticelli e ne rimane sin da piccolo impressionato. Nell’infanzia resta rapito dai colori del dipinto, dal paesaggio che gli infonde serenità. Da adolescente ricorderà la madre intenta a proteggere il bambino con la dolcezza del suo corpo, e questo lo conforterà in momenti molto bui per lui. Firenze e l’arte si intrecceranno spesso con la sua vita.
Il tuo è un romanzo di formazione dove tutti i personaggi concorrono all’evoluzione del protagonista principale attraverso una narrazione fatta di emozioni, passioni, dolori, scoperte, fino ad arrivare alla trasformazione. Puoi raccontarci brevemente questo percorso e quale personaggio consideri maggiormente coinvolto in questo processo evolutivo?
Alberto è una ragazzo che sarà vittima di bullismo per dodici lunghi anni. Gli eventi traumatici avverranno nell’indifferenza della scuola e nella cecità del mondo adulto, spesso troppo ego centrato e preso dalla quotidianità. Il libro “Sulle gambe” è un libro sul coraggio di reagire, di trasformare il trauma in esperienza di vita. Il protagonista cercherà di farlo tramite un percorso di analisi e con l’aiuto della famiglia, degli amici Lara e Jose, e soprattutto della zia Sole, effervescente e piena di vita, la prima che riuscirà a infrangere i suoi silenzi. Tuttavia il personaggio che a mio parere riuscirà più di tutti a evolvere in maniera positiva è Saverio, il babbo di Alberto. Infatti, messo in ginocchio dalla vita per una serie di eventi, saprà rialzarsi e trovare vie nuove e inesplorate da percorrere. Uscirà dalla sua zona comfort e questo lo renderà un uomo soddisfatto di sé e della propria vita. E’ il personaggio che più di tutti lancerà il suo cuore oltre gli ostacoli.
Il titolo “Sulle gambe” è tratto da una frase di Falcone, e più precisamente “Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini“ Quale valore intendevi esprimere? E in che modo il tuo personaggio ne prende spunto per la sua esperienza di vita?
In realtà questa è una delle tante citazioni del giudice Falcone che Alberto memorizza dopo il suo incontro con la foto Sequenza 15. Questa frase, che reciterà come un mantra, lo aiuterà a trovare il coraggio di reagire ai soprusi di cui è vittima. Anche Greta, l’amore di Alberto – una ragazza conosciuta a Livorno – con la sua saggezza naturale gli parlerà di gambe e di necessità di averle forti e toniche. Da qui Alberto, in un giorno dei tanti, svilupperà una riflessione sulle gambe, su quanto sono importanti per rialzarsi e andare dove decidiamo di andare.
Ci sono degli aspetti biografici relativi al linguaggio artistico che hanno influenzato il tuo lavoro?
Sono molto legata alla città di Firenze. Nel romanzo parlo di questa città come di un luogo dove l’arte è ovunque: nei vicoli, nelle strade, nei monumenti che stupiscono per la bellezza, si respira ovunque. Il legame con questa città mi ha indubbiamente guidato nella scrittura. Ritengo che rivolgersi all’arte, qualsiasi sia il linguaggio che scegliamo – musica, teatro, pittura, scrittura ecc. – può salvarci dal disagio di questo complicato periodo storico. Coltivare “bellezza” nella quotidianità è, secondo me, l’antidoto alle distorsioni a cui purtroppo assistiamo ogni giorno.
Questo è il link per preordinare il libro “Sulle gambe” di Donatella Ferrini: https://bookabook.it/libro/sulle-gambe/