a cura di Valentina Biondini, appassionata di arte e letteratura
La rubrica “Who’s Next?” si rinnova, non nella sostanza, ma nella forma. Continueremo, infatti, a scrivere di protagonisti dell’arte, della cultura e della letteratura italiana ingiustamente dimenticati, ma lo faremo da un’altra angolazione, ossia narrando la loro storia in prima persona, attraverso una sorta di racconto romanzato o memoir, questa volta dedicato all’eclettica Rosa Rosà, scrittrice, illustratrice e pittrice futurista attiva soprattutto negli anni ’10 e ’20 del ‘900. Lasciamo allora che sia la sua voce a guidarci…
Proprio come Giorgina Rossi, la protagonista del mio romanzo più famoso, Una donna con tre anime, anch’io nella mia lunga vita ho sperimentato (almeno) tre personalità diverse. Certo, nel mio caso, a differenza di Giorgina, non è stato un improbabile incidente elettromagnetico a innescare le alterazioni psichiche, ma più prosaicamente sono stati gli imprevedibili eventi della vita a far da detonatore tra l’una e le altre me. E, fra questi, senza dubbio, va annoverata la Grande Guerra. Sì, proprio la guerra! La “sola igiene del mondo” la definiva il mio collega futurista Marinetti. Io invece la detestavo. E non ero l’unica: noi donne del gruppo fiorentino de “L’Italia futurista”, di cui entrai a far parte, la pensavamo molto diversamente dai nostri colleghi uomini. Ne siete stupiti? Beh, che devo dirvi? È proprio così, fatevene una ragione e andate a informarvi sui libri di storia, ammesso che al loro interno troviate traccia di noi. Il che in effetti è assai difficile, quindi vi assolvo per mancanza di prove.
Dicevo, a me la guerra, con tutta la sua scia di sangue, violenza, dolore e morte, faceva orrore. Ma, a onor del vero, c’è una lezione che quell’immonda barbarie (altro che igiene del mondo, puah!) ha insegnato all’Italia e al mondo intero. Ovvero che le donne, in assenza degli uomini richiamati al fronte, sono in grado di mandare avanti il proprio paese. Ci siamo rimboccate le maniche e siamo riuscite in mansioni che i nostri padri e i nostri mariti, per non parlare della nostra classe dirigente, non ritenevano adatte al nostro sesso. Ma li abbiamo smentiti tutti, da vere e oneste cittadine quali siamo, altro che angeli del focolare! E lo sapete perché? Perché noi donne siamo la spina dorsale della società. E se l’economia si è retta in piedi è stato solo grazie a noi, alla nostra forza d’animo, non meno che a quella delle nostre braccia!
Ma torniamo al tema di apertura di questo memoir, ossia le mie tre diverse personalità.
Con il nome di Edith Von Haynau sono stata una bambina nata nel lontano 1884 in un’aristocratica famiglia viennese. La mia educazione venne affidata a precettori privati e la mia fu un’infanzia terribilmente solitaria. Le mie compagne di giochi furono la lettura e la mia sconfinata fantasia che mi salvarono dal tedio di tante ore trascorse in solitudine. Un po’ più grandicella portai avanti la mia prima vera ribellione personale: contro il parere della mia famiglia che considerava gli artisti come dei degenerati, mi iscrissi alla Scuola d’Arte di Vienna. Ma il bello doveva ancora venire: nel 1907, durante una crociera a Capo Nord, conobbi un affascinante scrittore italiano, Ulrico Arnaldi. L’anno seguente eravamo già marito e moglie e ci eravamo trasferiti a vivere a Roma. Qui nacquero i nostri quattro figli, nonché Edith Arnaldi, la mia seconda me. Ma ben presto la guerra si abbatté sulla nostra famiglia non meno che sulle altre, e Ulrico fu chiamato sotto le armi. Fui tentata di cedere alla disperazione, ma la letteratura mi salvò di nuovo, proprio come aveva fatto con la me bambina. Decisi quindi che non mi sarei fatta fagocitare dal dolore e dalla preoccupazione. O meglio, lo concessi solo a una parte di me: a Edith Arnaldi, la moglie devota e la madre amorevole.
Decisi di rinascere come Rosà, dal nome di una cittadina veneta che avevo visitato tempo prima e che mi aveva colpito per la sua bellezza. Così nacque la terza me, l’Artista e la Letterata. E siccome volevo far sentire la mia voce, pensai bene di raddoppiare il mio nome che divenne Rosa Rosà.
Quanto mi sono divertita con Rosà! Nonostante le privazioni della guerra non facessero sconti a nessuno, attraverso di lei sono riuscita a esprimermi come mai avevo fatto prima di allora. Mi sono avvicinata all’arte futurista con i miei disegni di città futuribili e i miei dipinti tendenti all’astrattismo, ma anche con la ceramica, la scultura, con le copertine per i libri, le carte geografiche e i manifesti cinematografici. Volete qualche esempio concreto? Nel 1921 disegnai 40 tavole a colori per un’edizione de Le mille e una notte, mentre l’anno successivo illustrai il libro di favole persiane Il libro del pappagallo. Con le mie opere, inoltre, partecipai alla Grande Esposizione Futurista che si tenne a Milano nel 1919 e all’Esposizione Futurista Internazionale di Berlino nel 1922.
Quanto alla letteratura, sulla rivista “Italia futurista”, tra il 1916 e il 1918, ho pubblicato numerosi articoli e racconti. Nel 1917 ho preso parte a un intenso dibattito sul ruolo della donna in cui ho esposto senza mezzi termini le mie convinzioni di cui sopra, giungendo alla conclusione che la nostra entrata nel mondo del lavoro ci ha rese autonome e indipendenti. Insomma, compagne dei nostri uomini e con i quali costruire un rapporto paritario e non più sottomesso, perché dalla guerra siamo usciti tutti cambiati. Ricordo in particolare un mio articolo che s’intitolava Le donne del posdomani, sempre del 1917, in cui invitavo tutte noi a mantenere intatta la tempra acquisita durante la guerra, anche per quando i nostri uomini sarebbero tornati dal fronte.
Tornando al romanzo con protagonista Giorgina, Una donna con tre anime del 1918, questo è stato etichettato come proto fantascientifico. Non so se sono d’accordo. Di sicuro attraverso le vicissitudini della mia protagonista ho voluto dimostrare a tipi come Marinetti, che poco tempo prima aveva pubblicato un testo a dir poco offensivo dal titolo “Come si seducono le donne”, che la donna è ben lungi dall’essere la creatura monodimensionale che credeva lui. Ma, al contrario, è complessa e mutevole, ed è in grado di assumere comportamenti e ruoli ben diversi tra loro nel corso della propria esistenza. Come dimostra anche la mia storia, o dovrei dire le tre storie della mia vita.
E come ha sempre dimostrato l’Arte. Del resto nel mio ultimo saggio del 1964, Eterno Mediterraneo, cerco di affrontare una sorta di viaggio proprio alla ricerca delle sorgenti dell’arte.
Io non so se vi ricorderete di me, ma a voi che leggete e, in particolare alle donne presenti fra voi, rivolgo queste accorate parole: potete diventare tutto ciò che volete e l’Arte in questo vi sia d’ispirazione poiché la vera Arte, proprio come noi donne, ha sempre avuto il coraggio di affrontare il cambiamento, di accettarlo senza ostacolarlo, lasciando così testimonianza di un passato impossibile da dimenticare e anticipando il futuro ancor prima che esso si manifesti per davvero.