a cura di Valentina Biondini, appassionata di letteratura
“Who’s Next?”. Rispondiamo a questa domanda occupandoci di un personaggio il cui talento trovò espressione non grazie alle proprie opere, bensì attraverso l’individuazione, la valorizzazione e l’esposizione di opere d’arte altrui, in particolare di altre donne. Ci riferiamo a Romana Loda, donna eclettica, ingegnosa ed energica, che negli anni ‘70 fondò la Galleria Multimedia nel piccolo paesino di Erbusco, poi trasferita a Brescia.
Questa gallerista ha dato un impulso fondamentale alla conoscenza dell’arte contemporanea, specialmente di quella femminile. Nel ‘71 la statunitense Linda Nochlin pubblicò “Perché non ci sono state grandi artiste femminili?”, un saggio già oggetto della nostra attenzione1. In questa sua analisi, la storica dell’arte indica le tantissime barriere – sociali, culturali e politiche – che per secoli interi hanno tenuto le donne lontane dal mondo dell’arte, smentendo così l’assunto secondo il quale la maggior parte degli artisti fossero uomini per una presunta, e riconosciuta, superiorità legata al talento.
E’ necessario fare riferimento a questo saggio perché, soprattutto dal ‘74 al ‘78, gli sforzi di Romana Loda si concentrarono proprio nel denunciare la mancanza delle donne dal contesto artistico italiano, mettendo in evidenza, al pari della Nochlin, come tale emarginazione non fosse un dato naturale e immutabile, ma legato a ben precise condizioni storiche, sociali e culturali.
La sua attività, infatti, fu molto preziosa per contrastare l’assenza forzata delle artiste dal racconto ufficiale e istituzionale dell’arte. In particolare, nel sopracitato quadriennio, Romana Loda si prodigò nell’organizzare mostre esclusivamente al femminile. Mostre pionieristiche e all’avanguardia che hanno fatto la storia. Tra queste, ricordiamo:
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“Coazione a mostrare”, allestita presso il Palazzo comunale di Erbusco nel ’74. Fu la prima mostra di sole artiste da lei curata, dove vennero esposti lavori di Mirella Bentivoglio, Tomaso Binga (pseudonimo di Bianca Pucciarelli), Carla Cerati, Betty Danon, Amelia Etlinger, Elisabetta Gut, Ketty La Rocca (già protagonista di un nostro articolo2), Lucia Marcucci, Verìta Monselles, Gina Pane, Berty Skuber;
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“Magma”, presso il Museo di Castelvecchio di Verona nel ’77, in cui figuravano opere di Marina Abramović, Lygia Clark, Hanne Darboven, Gina Pane, Valie Export, Rebecca Horn, Suzy Lake, Annette Messager, Natalia LL, Ulrike Rosenbach, Katharina Sieverding;
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“Il volto sinistro dell’arte” allestita alla Galleria De Amicis Arte Moderna di Firenze nel ’77, in cui esponevano sedici artiste tra le più innovative della neoavanguardia italiana degli anni ‘60 e ‘70, quali: Marina Apollonio, Mirella Bentivoglio, Valentina Berardinone, Tomaso Binga, Renata Boero, Dadamaino, Giosetta Fioroni, Lucia Marcucci, Libera Mazzoleni, Verita Monselles, Stephanie Oursler, Lucia Pescador, Sandra Sandri, Suzanne Santoro, Grazia Varisco e Nanda Vigo.
Vale la pena di soffermarsi proprio su quest’ultima mostra, il cui titolo è davvero significativo.
Venne infatti scelto dalla curatrice per irridere quel cliché che associava il femminile alla sfera sinistra del corpo, quella connessa simbolicamente all’intimità, alla passività, al sentimento e al maleficio. Mentre il maschile a quella destra, legata all’azione e alla razionalità. Uno stereotipo che, secondo la Loda, veniva usato, anche nel recente passato, per interpretare il lavoro di molte artiste, decretandone così la marginalità nell’ambiente artistico. Perché, in fondo, per la gallerista l’unica “differenza” tra l’arte delle donne e quella degli uomini stava nel fatto che i modelli critici ed espositivi in vigore fossero tutti declinati al maschile.
Nel breve scorcio di anni che va dal ‘74 al ‘78 le sue mostre ebbero il merito di portare all’attenzione del dibattito culturale italiano alcune questioni essenziali sollevate dal pensiero neo femminista, specialmente quelle relative alla necessità delle donne di riappropriarsi di spazi a loro storicamente preclusi, di entrare nel mercato dell’arte e nelle collezioni dei musei.
Del resto non va dimenticato lo scenario culturale e politico in cui Loda si mosse. L’Italia, infatti, aveva conquistato, da poco e a fatica, la legge sul divorzio, la riforma del diritto di famiglia e stava ancora lottando per ottenere la depenalizzazione dell’aborto e una legge per l’interruzione volontaria della gravidanza. A ridosso del ’78, però, Loda decise di interrompere l’organizzazione di mostre di sole donne che da più parti iniziavano a essere definite con disprezzo “mostre ghetto”. Ciononostante il suo impegno proseguì anche nei decenni successivi, tanto che si può ben dire che un’intera generazione di artiste italiane trovò spesso in lei un’amica, pronta a incoraggiarle e a promuoverne il lavoro.
Sebbene la sua figura sia stata a lungo trascurata dalla storiografia e più in generale dalla critica d’arte italiana, il suo supporto e il suo stare a fianco delle artiste viene oggi letto come un contributo precoce ed essenziale per diffondere un diverso tipo di consapevolezza in merito alle differenze di genere nell’ambito dell’arte.
Nel 2020, a dieci anni dalla sua scomparsa, la città di Brescia ha deciso di omaggiarla con due mostre parallele, una presso la Galleria dell’Incisione e l’altra a Palazzo Gallery. La prima mostra prendeva spunto da “Coazione a mostrare”, mentre la seconda, dal titolo “Il volto sinistro dell’arte. Romana Loda e l’arte delle donne”, curata da Raffaella Perna, ricostruiva con piglio filologico l’omonima mostra della stessa Loda.
L’attività di gallerista e l’impegno femminista trovarono nella figura di Romana Loda la sintesi perfetta. Le sue rassegne, infatti, erano sempre costruite con precisi criteri selettivi. Non invitava le donne a esporre in quanto tali, ma le sceglieva con cura, sulla base della qualità delle loro ricerche artistiche. Ed è forse proprio per questo suo lavoro di ricerca incessante e senza pregiudizi, volto a promuovere l’arte libera e anticonformista prima di ogni altra cosa, il motivo per il quale bisogna ricordarla con riconoscenza.
1 Who’s next?… Sibilla Aleramo